domenica 13 novembre 2016

 
L'AMORE ALLA CROCE
Il testo di Lc 14,25-33 costituisce un momento significativo nella vita di Gesù. Il brano afferma che una “numerosa folla” lo sta seguendo. Ma Gesù non è una star religiosa, e non si comporta secondo i parametri del politically correct. Anzi, come Figlio di Dio, provoca coloro che lo seguono, con la proposta più impensabile! Dice: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. Il verbo greco adoperato è misèo= odiare, nel senso di amare meno (è un ebraismo). Elenco preciso, quasi sconvolgente (ci sono tutti gli affetti più significativi): padre, madre, moglie, bambini, fratello, sorella, propria vita. Gesù si pone con una richiesta talmente radicale da essere provocatoria: Vuole il primo posto! E Gesù ha veramente il primo posto nella nostra vita? Per giunta , quando poi Gesù domanda di seguirlo portando la propria croce, il verbo greco che Luca adopera (bastàzo), vuol dire sollevare. E’ come se Egli volesse dire: dal momento che sto al primo posto nella tua vita, la croce non ti peserà più anzi sarà il tuo volano! Ma il contesto attuale è abbastanza scoraggiante, segnato da una teologia e da una pastorale che hanno messo al margine, quasi come un incidente di percorso, la croce di Gesù. Drewermann, sacerdote teologo, scriveva: "la Chiesa Cattolica è una setta tanto nevrotica quanto nevrotizzante”. Il paradigma classico di una spiritualità che ha messo al centro la passione di Gesù e l’amore alla croce viene presto bollato come nevrosi, come modello di un passato di fede fallito e non più utile. Io ho potuto ascoltare Professori di Teologia (sacerdoti!) dire che santi come Veronica Giuliani o Gemma Galgani o padre Pio sono in realtà dei nevrotici, degni più del lettino dello psichiatra che non dell’onore degli altari. Come è potuto succedere questo tradimento? ABBIAMO TRADITO LA CROCE DI CRISTO OPPURE E’ POSSIBILE UNA NUOVA FORMA DI FEDE, DI SPIRITUALITA’, DI SEQUELA DI GESU’ SENZA PIU’ IL MISTERO DELLA CROCE? E se è così, che cosa andiamo a spiegare a coloro che soffrono? E infatti nel recente terremoto, di fronte alla sciagura e al dolore più oscuro, solo la croce che il vescovo di Ascoli, mons.D’Ercole è andata a recuperarsi tra le macerie di una chiesa, e che ha voluto mettere all’altare per i funerali, solo quella croce bastava ad illuminare, senza neanche una parola in più, l’enigma del dolore. In effetti, oggi nelle librerie cattoliche sono più i testi e i volumi che spiegano come vincere il dolore, come superare la sofferenza, che non quelli che – alla maniera dell’Imitazione di Cristo o della Notte Oscura di san Giovanni della Croce – propongono di abbracciare come dono di Dio la croce e il dolore. I bestsellers sono ormai quelli che ti spiegano come vincere la depressione e la paura, non come morire a se stessi e rinunciare al mondo. Una nuova forma di gnosi cristiana che, svuotando il mistero della croce, riduce la fede ad una moda tra le altre. Come scrive il Cardinale e Teologo Gerhard Ludwig Muller: “in voga è un cristianesimo sulla linea della cultura del benessere, senza sacrifici e senza dedizione”. Ma questo non è un inganno? Forse il più nocivo per le anime? Sì lo è! A causa del neomodernismo che dalla teologia (la croce come incidente) converge verso la pastorale (psicologia e psicoanalisi sostitutive della direzione spirituale) e la spiritualità (modelli di sequela dello spirito del mondo). E quando la croce viene rimpiazzata subentra la tiepidezza nei credenti, la mediocrità nei consacrati, l’accecamento nei pastori. Perciò ritengo probabile che questo è tutta una strategia ad opera dei nemici della Chiesa, a partire dall’entusiasmo, cui sono ancor oggi costretti coloro che si preparano al sacerdozio, nei confronti di quel metodo storico-critico che, applicando in modo indiscriminato il criterio della teologia liberale alla Sacra Scrittura, hanno reso ridicolo chi continua a credere nel soprannaturale. L’amore alla croce (espressione ritenuta ormai nevrotica!) viene sostituito dall’amore al mondo. Qui non c’è via di mezzo. Diceva Fulton Sheen nel 1957: “Se io non fossi cattolico e volessi trovare quale sia oggi, nel mondo, la vera Chiesa, andrei in cerca dell’unica Chiesa che non va d’accordo con il mondo. Andrei in cerca della Chiesa che è odiata dal mondo. Infatti, se oggi nel mondo Cristo è in qualche Chiesa, Egli dev’essere tuttora odiato come quando viveva sulla terra. Se dunque oggi vuoi trovare Cristo, trova la Chiesa che non va d’accordo con il mondo… Cerca quella Chiesa che i mondani vogliono distruggere in nome di Dio come crocifissero Cristo. Cerca quella Chiesa che il mondo rifiuta, come gli uomini rifiutarono di accogliere Cristo”. Che questo spirito del mondo sia entrato nella teologia ormai da molto tempo, con i danni che esso ha prodotto, lo dimostra la confusione e lo smarrimento cui ha condotto l’intera comunità ecclesiale. Ancora oggi i testi di un teologo (che definire tale procura fatica!), Vito Mancuso, circolano come una sorta di nuova proposta teologica, fresca e frizzante, che ha come categoria vincente nientemeno che il dubbio, su tutto, persino su Gesù di Nazaret (provate a leggere le pagine dedicate all’argomento nel volume Io e Dio). Von Balthasar si domandava quale legame tra Gesù in croce e Buddha! Il primo, come Figlio di Dio, soffre per salvare gli uomini, il secondo panciutamente seduto, propone una via filosofica per rendere nullo il dolore. Allora, CI VUOLE UNA RIPROPOSIZIONE: LA SCIENZA DELLA CROCE (come diceva Edith Stein), che è un tipo di luce soprannaturale, appunto proveniente da Dio, non un’acquisizione dell’intelletto umano, perché “sapientia huius mundi stultitia est apud Deum: La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio” (1Cor 3,19). E per farlo, ricordiamo tre testimonianze, sebbene l’agiografia autenticamente cattolica non è che una permanente dossologia esistenziale, un’epifania celebrativa della croce, come salvezza e gloria (nel senso biblico di doxa). La prima è di san Giovanni della Croce che fa della croce addirittura l’ermeneutica del mistero di Dio: “vorrei convincere le persone spirituali circa il fatto che questo cammino che porta a Dio non consiste nella molteplicità delle meditazioni, nei metodi, negli esercizi, nei gusti – sebbene tutto questo sia in qualche modo necessario ai principianti –, ma in una sola cosa indispensabile: nel saper rinnegare davvero se stessi, esteriormente e interiormente, offrendosi alla sofferenza per amore di Cristo e annientandosi in tutto”. In tutte le sue opere, il mistico carmelitano sottolinea che la scienza di Dio si ottiene passando attraverso la croce. Don Dolindo Ruotolo scriveva: “è necessario persuadersi che non si può abbracciare la Legge del Redentore senza abbracciare la propria croce”. Celebre poi è la storia della croce di Poitiers di san Luigi M.Grignion. Nel 1701-1703, il Montfort era cappellano all'Ospedale generale di Poitiers. Là aveva formato un gruppo di ragazze che radunava regolarmente in un locale da lui denominato «La Sapienza». Ben presto al gruppo si associano due signorine: Maria Luisa Trichet, che diverrà la prima superiora generale e confondatrice delle Figlie della Sapienza col nome di Suor Maria Luisa di Gesù e Caterina Brunet, più tardi Suor della Concezione. Per quella sua nascente Comunità il Montfort elabora un programma di vita spirituale incentrato su Gesù Cristo Sapienza incarnata: rinnegare se stessi e portare la propria croce con Cristo, sotto la guida della Madonna. Tale programma di vita fu scritto in forma originale e significativa sulla «Croce di Poitiers» che oggi si trova a Roma nella Casa generalizia delle Figlie della Sapienza. Vi si trova scritto: “rinunciare a se stesso, portare la propria croce per seguire Gesù Cristo. Se voi arrossite della croce di Gesù Cristo, Egli arrossirà di voi davanti al Padre suo. Amore della croce, desiderio delle croci, disprezzi, oltraggi, affronti, obbrobri, persecuzioni, umiliazioni, calunnie, malattie, ingiurie. Viva Gesù, viva la sua croce”. Gesù ha detto a Maria Valtorta nel 1943 una cosa che, osservando come va la vita della Chiesa, risulta sempre più vera: “in verità vi dico che ora è un momento in cui, per ordine del padre della menzogna, i suoi figli mietono fra le anime, che erano create per Me e che inutilmente ho fertilizzate col mio Sangue. Messe abbondante più che ogni diabolica speranza concepisse, e i Cieli fremono per il pianto del Redentore che vede la rovina dei due terzi del mondo dei cristiani. E dire due terzi è ancora poco”. Non resta che rimettersi in ginocchio… Ai piedi della croce.. Cantando: Ave crux unica spes mundi!
Sac.Alessandro Maria Minutella

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